L'INDEBOLIMENTO PERMANENTE DI UN SENSO O DI UN ORGANO

L'indebolimento permanente è ovviamente il postumo della malattia, che riduce l'efficienza di un senso o di un organo, con effetti menomativi stabili e durevoli.

I sensi sono rappresentati dalle funzioni percettive specifiche, dalle attività sensoriali che fanno percepire gli stimoli dal mondo esterno: udito, vista, olfatto, gusto e tatto.

L'organo, in senso biologico, è una parte del corpo o un complesso di parti che ha una propria struttura ed esplica una o più determinate funzioni; in senso medico-legale l'organo s'immedesima con la sua funzione e quindi s'identifica con l'apparato o con il sistema di cui fa parte; la funzione danneggiata a sua volta deve avere una particolare importanza nella vita vegetativa e di relazione e non essere vicariabile.

A questo fine si distinguono gli organi unici (cuore, cervello, fegato, ecc.) che assolvono da soli le funzioni cui sono deputati; gli organi pari (polmoni, reni, testicoli, ovaie e, per i sensi, gli occhi e l'orecchio) la cui menomazione può essere compensata più o meno completamente dal controlaterale, se integro; gli organi multipli rappresentati dai denti e dalle dita, ciascuno dei quali partecipa alla funzione masticatoria e prensile; i sistemi diffusi, che sono quello emopoietico e quello reticolo-endoteliale.

La perdita di un organo duplice o multiplo non costituisce perdita di funzione (lesione gravissima), ma solo indebolimento di quell'organo (lesione grave).

Gli arti non sono espressamente menzionati dal codice a proposito dell'indebolimento, ma poichè la perdita di un arto è ricordata come lesione gravissima, è evidente che basta la lesione ad uno di essi perchè si configuri l'indebolimento di un organo, anche se costituiscono due a due la funzione prensile e deambulatoria.

Per la medicina legale, dunque, organo comprende tutte le parti che concorrono ad espletare una funzione determinante, ma non esiste una normativa che elenchi tutte le funzioni che devono essere considerate, così la perdita della milza che dovrebbe essere un indebolimento dell'organo reticolo-endoteliale è stata più volte, anche in sentenze della Corte di Cassazione, definita come perdita permanente di un organo.

D'altra parte non è neppure specificato quale sia il grado minimo della minorazione funzionale occorrente per ammettere l'indebolimento permanente. E' opinione comune che il danno deve raggiungere una certa entità, ma la dottrina e la giurisprudenza oscillano tra l'esigere una limitazione notevole della capacità funzionale che induca un serio riflesso sull'attività del leso e il riconoscere l'indebolimento anche se di entità minima purchè apprezzabile. I medici legali si attengono di solito a criteri ponderabili e ammettono l'indebolimento quando il danno funzionale corrisponde a limiti minimi compresi tra il 10% e il 15%; non così avviene in campo giurisprudenziale, dove si è visto applicare l'aggravante per l'amputazione di una falangetta, l'avulsione di un dente non visibile, la perdita di pochi decimi di visus o di qualche decibel d'udito.

Vi è poi da considerare che una menomazione può ripercuotersi contemporaneamente su più funzioni; ad esempio la perdita dei denti incisivi può determinare un pregiudizio estetico e danneggiare la funzione fonatoria e quella masticatoria.

L'indebolimento è permanente qualora rappresenti una condizioni stabile e duratura, non necessariamente per tutta la vita, ma certamente lunga. E' irrilevante che l'indebolimento possa essere eliminato o attenuato mediante interventi chirurgici o apparecchi di protesi, poichè l'atto chirurgico non può essere imposto alla persona offesa e comporta una quota di rischio e di incertezza di insuccesso; circa le protesi correttive esse rappresentano dei mezzi artificiali che non ripristinano la funzione naturale.

Le possibilità terapeutiche e protesiche, pur irrilevanti ai fini dell'aggravante in oggetto, sono valutate dal giudice nel graduare l'entità della pena.

LA PERDITA DI UN SENSO E DELL'USO DI UN ORGANO

Perdita di un senso o dell'uso di un organo. E' un'aggravante della lesione personale prevista dall'art. 583 c.p., che rende la lesione gravissima.

La perdita di un senso non consiste esclusivamente nell'abolizione definitiva di una delle funzioni sensistive specifiche, ad esempio la cecità o la sordità, ma è sufficiente che sia ridotta in misura tale da rendere inutilizzabile il grado funzionale residuo. Per gli organi di senso duplici la perdita sussiste quando entrambi sono funzionalmente spenti, mentre la perdita di uno solo di essi costituisce l'indebolimento permanente.

La perdita anatomica di un globo oculare importa invece l'aggravante della deformazione del viso. La perdita dell'olfatto o del gusto è più difficile da valutare nella sua effettiva entità.

La perdita dell'uso di un organo consiste nella soppressione della funzione, dovuta alla perdita anatomica dell'organo stesso o ad alterazioni anatomiche gravi e diffuse che ne distruggono il parenchima funzionante.

La nozione medico-legale che ad una stessa funzione possono concorrere più organi anatomici tende a ridurre la gravità delle lesioni, così la perdita di un rene con superstite integro sarà da interpretare come semplice indebolimento di funzione. E' chiaro che la problematica è molto complessa, così le valutazioni spesso difformi sono un segnale del disagio che esiste su questo particolare argomento, sia fra i medici-legali, che fra i giudici.

La perdita di un polmone sarà pure un indebolimento di una funzione, ma non è assolutamente paragonabile alla perdita di un testicolo o della milza, che lasciano in pratica delle funzioni perfettamente vicariate.

FUNZIONI CHE COSTITUISCONO "ORGANI"

Cardiocircolatoria

Fonatoria

Prensile

Deambulatoria

Intellettiva

Procreativa

Digestiva

Masticatoria

Protettiva

Emopoietica

Mentale

Respiratoria

Endocrina

Posturale

Uropoietica

Estetica

Reticolo-endoteliale-immuno-competente

Alcune funzioni possono subire un indebolimento, ma la loro perdita è assolutamente incompatibile con la vita; per altre funzioni la vita dipende da un trattamento sostitutivo permanente, hanno una influenza sullo stato generale e si identificano con la malattia insanabile, quale una mielofibrosi con necessità di trasfusioni periodiche, una cirrosi epatica, un diabete mellito o insipido, un'insufficienza renale cronica in emodialisi, una immunodeficienza acquisita. In altre è molto difficile misurare il quantum oltre il quale si può definire persa la funzione, vedi le forme psico-organiche, il manifestarsi di una sintomatologia psicotica, la compromissione del controllo posturale.

Perdita di un arto o mutilazione che rende l'arto inservibile. L'arto è considerato perduto quando si ha la mutilazione traumatica o l'amputazione chirurgica totale o sub-totale di esso o quando ne sia abolita la funzione per una paralisi nervosa, in base al principio che la perdita funzionale equivale alla perdita anatomica. Nonostante la duplicità degli arti, costituenti coppie anatomo-funzionali, sussiste l'aggravante anche quando è perduto uno solo di essi.

La mutilazione che rende l'arto inservibile è rappresentata dalla perdita anatomica di una mano o di un piede, che sono le parti più importanti, senza le quali l'arto è inutilizzabile non potendo adempiere alla propria funzione. La mutilazione parziale della mano o del piede determina l'indebolimento permanente dell'organo della prensione o della deambulazione (lesione grave, mentre la paralisi della mano o del piede è una lesione gravissima in quanto determina la perdita dell'uso dell'organo della prensione o della locomozione.

Perdita della capacità di procreare. Si considera perduta nell'uomo e nella donna quando vi è l'incapacità di effettuare il coito (impotentia coeundi) o quando sia impossibilitata la fecondazione (impotentia generandi). Nella donna si considera anche l'impotentia parturiendi, dovuta a cause che impediscono l'espletamento del parto per le vie e con i mezzi naturali, tra le quali sono frequenti le viziature pelviche da frattura del bacino.

Non può sussistere l'aggravante in quegli individui che per senilità o per causa patologica avevano già perduto la capacità di procreare. Va invece ammessa nel caso di lesioni in soggetti impuberi, i quali vengono così privati della possibilità di esplicare in futuro la funzione riproduttiva.

Difficoltà grave e permanente della favella. Per favella si intende il linguaggio articolato o parlato a mezzo del quale l'uomo comunica agli altri il proprio pensiero; a tale funzione partecipano:

a) i centri corticali di Broca e di Wernicke, la cui lesione dà origine rispettivamente all'afasia motoria ed all'afasia sensoriale;

b) i nuclei motori sottocorticali, che coordinano l'articolarità dei movimenti della lingua, delle labbra e della mandibola, la cui lesione determina le disartrie;

c) l'apparato fonatorio e laringeo, deputato alla formazione ed alla modulazione della voce, le cui lesioni provocano afonie e disfonie.

Le afasie e le disatrie, dipendenti da lesioni traumatiche del sistema nervoso centrale, danno luogo, di regola, ad un totale o pressochè totale disturbo della favella perchè rendono impossibile o molto difficoltata la pronuncia intellegibile delle parole. Le afonie e le disfonie, causate da lesioni nervose periferiche (paralisi dei ricorrenti) o da alterazioni delle corde vocali, interferiscono sulla potenza vocale, senza però realizzare un grave impedimento della favella perchè è abbassato il tono della voce, ma la parola viene espressa ed articolata in modo ancora intellegibile.

1) se l'abolizione del linguaggio è totale e definitiva, la lesione sarà gravissima in quanto è perduto l'uso dell'organo della fonazione;

2) quando sussiste la grave e permanente difficoltà della favella la lesione è pure gravissima perchè essa, anche se non totale, è sufficiente a causare quel rilevante danno alla vita di relazione del leso che la legge ha tenuto presente nello statuire l'aggravante in oggetto;

3) se la difficoltà della parola è durevole, ma non così importante, la lesione sarà grave perchè sussiste l'indebolimento permanente dell'organo della fonazione;

4) quando i disturbi hanno carattere temporaneo e funzionale, come le afasie degli isterici ed i casi di balbuzie emozionali, essi rappresentano solo una manifestazione evolutiva della malattia e andranno computati nella durata di questa.

Le conseguenze di fratture della mandibola o di retrazioni cicatriziali o di mutilazioni della lingua e delle labbra o la formazione di brecce del palato o la mancanza dei denti incisivi andranno valutate caso per caso tenendo presente che, per ammettere la grave e permanente difficoltà della favella, non bastano i semplici difetti di pronuncia o l'abbassamento della voce o le modificazioni dei meccanismi di risonanza; vanno sempre tenuti presenti i risultati favorevoli che si possono ottenere con l'educazione e con l'esercizio fonetico.

LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE TRA "INDEBOLIMENTO PERMANENTE DI UN SENSO O DI UN ORGANO" E "MALATTIA CERTAMENTE O PROBABILMENTE INSANABILE"

Si considera insanabile una malattia quando essa, non essendo suscettibile di reversione neppure con i sussidi dell'arte sanitaria, durerà certamente o probabilmente tutta la vita.

Per ammettere l'aggravante non occorre che l'insanabilità della malattia sia assoluta e certa, è sufficiente che essa sia probabile ed è tale quando, in base ai criteri della prognosi clinica, si ritenga che vi siano scarse speranze di reversione del processo morboso, ma la presunzione che questo peggiori nonostante le cure.

Nel formulare la prognosi di insanabilità certa o probabile, il medico deve tener conto delle conoscenze scientifiche aggiornate sulla malattia in esame e dei progressi della terapia (esclusa quella chirurgica); ciò influisce considerevolmente sul giudizio medico-legale e rappresenta una valutazione favorevole al reo, non esclusa dalla legge.

Il giudizio di insanabilità riguarda le malattie, in quanto processi morbosi in evoluzione, non già reliquati stabilizzati di queste.

Rientrano tra le malattie certamente o probabilmente insanabili la tubercolosi polmonare cronica attiva, le neoplasie maligne, il diabete mellito, le leucemie croniche, la cirrosi epatica, la glomerulonefrite cronica, gli aneurismi del cuore o dell'aorta, le malattie neurologiche o mentali, l'osteomielite cronica e così via.

In taluni casi è però difficile distinguere tra indebolimento permanente di un organo e malattia insanabile.

La diagnosi differenziale può seguire due criteri: il primo si basa sulla continuità dell'alterazione funzionale evolutiva, propria della malattia insanabile, contrapposto a quello della fissità statica del postumo, propria dell'indebolimento permanente; il secondo sulla presenza di una compromissione dello stato generale, tipico della malattia, contrapposto ad una localizzazione dell'indebolimento alla sola funzione interessata.