LE LESIONI DA ENERGIA BARICA
Generalità. Oltre che alla pressione atmosferica a livello del mare (760 mm Hg) un organismo può essere sottoposto a basse pressioni (aumento dell'altitudine, aereo, ecc.) o ad alte pressioni (immersioni, sottomarini, ecc.). Tali variazioni pressorie non determinano dei danni fisici diretti sull'organismo e sulle sue cellule perchè la loro parte liquida, praticamente incomprimibile, varia la pressione interna senza significative variazioni di volume e pertanto bilancia la pressione esterna evitando il collasso del corpo o, viceversa, la sua esplosione, per un ampio range pressorio.
La pressione parziale di un gas è data dalla sua percentuale nell'aria moltiplicata per la pressione totale; la quantità di gas che si scioglie in un liquido è proporzionale alla sua pressione parziale. Nell'aria alveolare la pressione totale è determinata da PO2 + PCO2 + PN2 + PH2O, risultando solo in tracce la presenza di altri gas. La PH2O non dipende dalla pressione atmosferica, ma è determinata dalla temperatura corporea e vale circa 47 mm Hg; costituisce una frazione sempre più grande della pressione totale e del volume alveolare man mano che aumenta l'altezza, tanto che a 21.000 m la pressione barometrica totale è proprio 47 mm Hg ed il vapore acqueo occupa l'intero volume dei polmoni. A questa pressione l'acqua dell'organismo comincia a bollire e si trasforma in vapore acqueo gonfiando il corpo.
L'O2 viene trasportato nel sangue essenzialmente dall'emoglobina (19 cc/100ml) mentre solo in piccola percentuale è sciolto fisicamente nel plasma (0,3 cc/100ml).
Aumentando la PO2 resta immodificata l'O2 emoglobinico mentre aumenta la frazione sciolta fisicamente che, oltre certi limiti, determina un'azione ossidante tossica sulle membrane cellulari dei vari tessuti.
I gas inerti, cioè che non vengono nè utilizzati nè prodotti dai tessuti, allo stato di equilibrio sono comunque sciolti nei liquidi dell'organismo in quantità variabili che dipendono dai coefficenti di solubilità nei liquidi, così l'azoto si accumula nei tessuti lipidici 5 volte di più che nel plasma, viene trasportato molto lentamente dal sangue, perchè poco solubile in acqua e sono saturati prima i tessuti che dispongono di maggiore irrorazione ematica. L'improvvisa riduzione della pressione parziale ne determina il passaggio dallo stato di soluzione allo stato gassoso nell'ambito dei tessuti.
Si distinguono pertanto le ipobaropatie, riconducibili essenzialmente ad uno stato ipossiemico le cui diverse espressioni cliniche sono determinate dalla velocità con cui si sviluppa, dal grado di un eventuale esercizio fisico concomitante e dalla durata dell'ipossiemia stessa, le iperbaropatie, lesioni da effetti tossici dell'ossigeno e di altri gas, somministrati in concentrazione ed a pressione elevata e le disbaropatie, lesioni emboliche per evaporazione dei gas sciolti nei tessuti e liquidi organici da rapida decompressione.
Ipobaropatie. Sono rappresentate essenzialmente dalle patologie delle altitudine ed a determinarle concorrono oltre all'ipossia, l'abbassamento della temperatura ed il magggior irraggiamento solare.
L'ipossia può instaurarsi in modo acuto (aerei), subacuto (automobili) o cronico (ascensioni degli alpinisti).
Fra 0 e 2.000 m l'ipossia non determina modificazioni nè a riposo nè da sforzo (zona indifferente); fra 2.000 e 4.000 m aumenta la frequenza di ventilazione, compare tachicardia e si presenta una certa euforia con incapacità decisionale soprattutto da sforzo (zona di compensazione completa); fra 4.000 e 6.000 m compaiono disturbi neuropsichici già a riposo con errori di calcolo ed orientamento (zona di compensazione incompleta); oltre i 6.000 m inizia la zona critica in cui vi è solo una riserva di tempo oltre il quale il soggetto può subire danni irreversibili fino alla morte: 7.000/5', 8.000/3', 9.000/1,5', 10.000/1', 11.000/45", 12.000/30", 14.000/15".
I meccanismi di compenso sono: a) immediati: increzione di catecolamine con broncodilatazione, tachipnea e tachicardia, l'aumento della ventilazione produce alcalosi respiratoria per riduzione della PCO2, l'aumento di portata cardiaca assicura un maggior rifornimento di ossigeno ai tessuti, mentre l'ipocapnia favorisce lo spostamento a destra della curva di dissociazione dell'emoglobina con maggior cessione di O2 a parità di pressione parziale; b) a distanza di ore: il rene elimina bicarbonati e porta il pH a valori normali, ma si riduce la capacità tampone del soggetto con sviluppo di acidosi metabolica ed aumento della sensibilità dell'area chemiosensitiva centrale alla PCO2 (la PO2 non stimola i glomi carotidei finchè non scende sotto i 50-60 mm Hg); c) a distanza di giorni: poliglobulia con aumento dell'emoglobina e dell'ossigeno trasportato per unità di sangue.
1) Male di montagna. Il rapido passaggio dal livello del mare all'alta montagna con il treno, l'automobile, le funivie comporta a riposo i sintomi di moderata anossia quale mal di testa, dolori addominali con marcato meteorismo, stordimento, mancanza di respiro e, con l'attività fisica, astenia, nausea, sudorazione, palpitazioni, offuscamenti visivi, ipoacusia, insonnia e dispnea. I sintomi scompaiono in alcuni giorni o settimane, a seconda dell'altitudine, mediante i meccanismi di compenso (acclimatazione).
2) Mal di montagna cronico. Il soggiorno protratto ad altitudini superiori a 3.000 m, può provocare, anche in soggetti già completamente acclimatati, degli episodi ricorrenti di perdita dell'appetito, astenia, cefalea, vasodilatazione cutanea, turbe digestive, torpore mentale, sonnolenza, apatia. Questi fenomeni di solito scompaiono spontaneamente, ma si ripresentano sempre più ravvicinati ed intensi, accompagnati da complicanze quali poliglobulia marcata, splenomegalia, dita ippocratiche, emorragie, trombosi polmonari e broncopolmoniti. Si attenuano o scompaiono del tutto con la somministrazione di ossigeno o il trasferimento in pianura.
3) Male degli aviatori. La rapida ascesa dal livello del mare a 6-9.000 m in abitacoli non pressurizzati determina disturbi legati all'aeroembolismo, analogamente alle rapide decompressione dei subacquei. I sintomi più comuni sono articolari, cutanei e nervosi: artralgie (ginocchia, spalle, gomiti e dita); eruzioni orticarioidi e parestesie; nevralgie tipo sciatica, afasia, deficit motori e turbe dell'equilibrio. L'embolia dei vasi polmonari provocano un violento dolore retrosternale con dispnea, cianosi e collasso spesso mortale. I disturbi oculari da embolia retinica consistono in scotomi, emianopsie ed emicranie oftalmiche. L'evoluzione dei fenomeni embolici è rapida sia verso la morte che verso la guarigione.
La brusca dilatazione dei gas delle cavità naturali del corpo, oltre alle coliche addominali da meteorismo, provoca congestione del timpano fino a rottura della membrana, emorragie e lacerazioni della mucosa dei seni paranasali.
La rapida discesa può comportare disturbi psichici, cardiocircolatori riflessi, sonnolenza e perdita di conoscenza.
Reperti anatomo-patologici. Gli effetti dell'ipossia consistono in vasodilatazione e congestione dei capillari dei vari organi, enfisema polmonare acuto, edema polmonare, dilatazione acuta del cuore. L'esame istologico consente di evidenziare nel cuore vacuolizzazioni e inclusioni sudanofile delle fibre muscolari fino alla degenerazione ialina ed edema interstiziale; a livello epatico netta riduzione del glicogeno , vacuoli e fini granuli di grasso; a livello renale anse glomerulari dilatate e ripiene di sangue, desquamazione epiteliale dei tubuli contorti distali; la milza è spesso contratta ed esangue; il tessuto nervoso mostra tigrolisi e necrosi cellulare.
Altre manifestazioni morbose della patologia delle altitudini sono rappresentate dalle oftalmiti causate da riflessi solari sulla neve o sui ghiacciai, dalle ustioni da radiazioni solari di 1° o 2° grado, dalle laringo-tracheiti, dalla disidratazione, dagli assideramenti o congelamenti dovuti ai notevoli sbalzi termici tra il giorno e la notte.
Iperbaropatie. Sono stati morbosi dovuti all'eccesso di pressione di ossigeno, azoto, anidride carbonica, ossido di carbonio e gas inerti in rapporto con l'ambiente del volo atmosferico e spaziale e con quello sottomarino, unitamente all'ossigenoterapia.
Ossigeno. Ad elevata pressione parziale l'ossigeno, gas vitale, diventa tossico dopo un periodo di latenza che è inversamente proporzionale alla pressione parziale dell'ossigeno. Il meccanismo è legato ad una interferenza con le reazioni ossidative delle cellule e l'inibizione delle deidrogenasi.
La tossicità dell'ossigeno non dipende dalla percentuale, ma dalla PO2 alveolare. La respirazione in ossigeno puro produce invece degli effetti fisici legati all'assenza del gas inerte; se non c'è azoto le cavità tendono ad assorbire completamente l'ossigeno con obliterazione completa delle stesse, distorsioni delle pareti, essudazioni, questo avviene nell'orecchio medio, nei seni paranasali ed a livello polmonare dove può manifestarsi diffusa atelettasia alveolare.
La tossicità dell'ossigeno tende a rilevarsi in varie forme:
1) irritazione chimica delle grandi vie respiratorie;
2) convulsioni generalizzate di tipo epilettico;
3) lesioni della retina nei prematuri trattati con O2.
1) Azione sulle vie respiratorie. A livello del mare l'ossigeno al 100% può essere somministrato continuamente anche per periodi di 12 ore, oltre tale termine è opportuno interrompere periodicamente per breve tempo (15-30 m' ogni 3 ore) la somministrazione di ossigeno. Le conseguenze polmonari sono rappresentate da tosse persistente e violenta, perdita della sostanza tensioattiva, edema polmonare, essudati ematici alveolari, atelettasia diffusa, broncopolmoniti ed essudati pleurici, ritenzione di CO2, acidosi e morte ipossica.
Aumentando la pressione parziale a 2 atmosfere la tossicità si manifesta dopo 6-9 ore, a 4 atmosfere dopo 3-4 ore.
2) Azione sul sistema nervoso centrale. Gli effetti tossici dell'ossigeno sul sistema nervoso si manifestano soltanto per pressioni superiori a 2 atm, tale situazione si realizza nella terapia iperbarica con O2, nel nuoto subacqueo con respirazione in ossigeno puro e nella decompressione dopo immersione.
I sintomi iniziali comprendono tremori dei piccoli muscoli, labbra, palpebre, mani, acufeni, parestesie, vertigini e nausea; le convulsioni possono comparire all'improvviso o svilupparsi successivamente ad un'attività mioclonica progressiva.
L'ossigenazione iperbarica è estremamente efficace nel trattamento dell'intossicazione da ossido di carbonio, della malattia dei cassoni o dell'embolia gassosa poichè il miglioramento dell'ossigenazione si combina con la compressione della bolla di gas. La produzione di tossine da parte dei clostridi è inibita dall'ossigeno, tuttavia l'ossigeno non può raggiungere i tessuti ormai privi di circolazione.
L'uso di bombole ad ossigeno puro per immersione è limitato alla profondità di 10 metri (2 atm), la discesa a 33 m (4 atm) provoca violente convulsioni generalizzate in pochi minuti, soprattutto se concomita un lavoro pesante.
3) Azione sull'occhio. Nell'adulto l'ossigeno produce una vasocostrizione reversibile dei vasi retinici con restringimento del campo visivo e perdita della visione periferica. Nel prematuro alla vasocostrizione segue l'obliterazione dei vasi retinici, seguita da disorganizzata proliferazione vascolare, essudati, emorragie, distacchi retinici fino al quadro della fibroplasia retrolenticolare.
Anidride carbonica. I limiti normali della PCO2 nell'organismo sono molto ridotti: sotto i 25 mm Hg diminuisce l'efficienza mentale e può comparire tetania, sopra i 50 mm Hg si realizza una depressione corticale ed una stimolazione dei centri sottocorticali fino a scatenare crisi convulsive con apnea.
Gli effetti tossici dipendono sia dall'aumentata CO2 molecolare che può interferire con alcune reazioni metaboliche, sia dall'acidosi respiratoria scompensata.
L'anidride carbonica nell'ambiente esterno ha provocato la morte di operai di fabbriche di birra o ghiaccio secco, in minatori impegnati in gallerie insufficientemente ventilate, in sommozzatori e marinai di sottomarini. L'accumulo da ritenzione di quella prodotta dall'organismo si verifica dopo l'assunzione di dosi eccessive di farmaci depressori, in anestesia generale o per malattie polmonari.
Nelle attività aerospaziali la bassa pressione atmosferica permette di tollerare alte percentuali di anidride carbonica, che manifestano la loro tossicità al rientro in atmosfera.
Ossido di carbonio. Il gas si forma in seguito alla combustione incompleta del carbone; può svilupparsi da una stufa a tiraggio insufficiente o da un bracere a carbonella, oppure dal tubo di scappamento del motore a scoppio. Il fumo di sigaretta produce sufficiente ossido di carbonio da combinarsi con il 4-7% dell'emoglobina.
La sua tossicità è dovuta alla affinità per l'emoglobina, oltre 200 volte quella dell'O2, per cui aumenta la carbossiemoglobina a scapito dell'ossiemoglobina. I suoi effetti letali sono quindi dovuti ad azione indiretta sui tessuti, infatti per deprimere gli enzimi citocromici sarebbe necessaria una PCO 1.000 volte maggiore di quella necessaria per il blocco dell'emoglobina.
Il grado di intossicazione oltre che dalla concentrazione di CO dell'aria inspirata è influenzato dalla durata dell'esposizione e dalla ventilazione alveolare (esercizio fisico).
I sintomi sono gli stessi dell'ipossia, quali cefalea pulsante, nausea, diminuzione delle capacità mentali. Manca la dispnea perchè la respirazione non è stimolata dai recettori dei glomi carotidei ed aortici, sensibili all'O2 disciolto nel sangue e quindi alla PO2, ma non all'O2 complessivamente trasportato dal sangue (anossia isotonica), non si manifesta inoltre cianosi perchè il pigmento rosso ciliegia della carbossiemoglobina colora di rosa brillante i letti ungueali e le mucose.
La combinazione del CO con l'emoglobina è reversibile aumentando la ventilazione alveolare associata alla tecnica dell'ossigenazione iperbarica.
Se l'intossicazione è stata lieve il recupero sarà completo, altrimenti possono persistere danni cardiaci e lesioni del sistema nervoso centrale che rendono i pazienti degli invalidi permanenti.
Gas inerti. Si chiamano gas inerti quelli che non reagiscono chimicamente con le sostanze cellulari, sono l'idrogeno, l'elio, il neon, l'azoto, l'argon, il cripton, lo xenon ed il radon. Nell'atmosfera l'azoto rappresenta quasi l'80% dell'aria mentre gli altri gas inerti sono presenti solo in tracce. Per tutti si è dimostrato un effetto narcotico proporzionale al peso molecolare del gas, in alternativa all'aria possono essere usate durante la permanenza in profondità miscele di ossigeno con idrogeno, elio, argon ed azoto.
Disbaropatie. Tutti i gas dell'atmosfera sono sciolti nei liquidi per una quantità che dipende dalla pressione con cui il gas insiste sulla superficie (legge di Henry e Dalton). Così, allo stato di equilibrio, sono sature le acque della superficie terrestre, i liquidi dei tessuti vegetali, animali e del corpo umano. riducendo la pressione una parte dei gas sciolti si libera dal liquido verso l'atmosfera, aumentando la pressione si verifica l'opposto. Se la pressione si riduce troppo rapidamente i gas formano delle bolle nei liquidi organici. L'ossigeno e l'anidride carbonica vengono rapidamente assorbiti e metabolizzati mentre l'azoto provoca l'aeroembolismo disbarico. Un aviatore che salga dal livello del mare a 11.000 m è sottoposto allo stesso grado di decompressione (da 1 a 0,25 atm) del subacqueo che venga alla superficie da una profondità di 30 m ( da 4 ad 1 atm).
1. Malattia dei cassoni. Nei lavori subacquei (fondazioni di piloni e ponti, moli, dighe ecc.) vengono utilizzati dei cassoni in ferro o cemento armato, il cui interno è mantenuto libero dall'acqua con aria compressa. Gli operai che vi lavorano sono naturalmente sottoposti alla pressione interna, che dipende dalla profondità, e nei loro liquidi si sciolgono in quantità proporzionali O2, CO2 ed N2.
I sintomi della compressione sono modesti, interessano operai non abituati e consistono in acufeni, ipoacusia, vertigini, bradicardia e bradipnea.
I sintomi da decompressione compaiono all'uscita dell'operaio dal cassone, quando la decompressione nell'apposita camera non avvenga in modo lento e graduale; dipendono dalla localizzazione e dalle dimensioni delle bolle stesse.
a) dolori intensissimi alle articolazioni, di solito spalle, gomiti e ginocchia per formazione di bolle negli strati periarticolari.
b) prurito ed eruzione orticarioide od erpetiforme per compromissione dei nervi periferici.
c) paresi o plegie da embolia del midollo spinale.
d) nausea, vomito, vertigini, emiplegie, afasie, amaurosi, convulsioni e coma per embolia endocranica.
e) dispnea progressivamente crescente per embolia nei capillari polmonari. Talvolta la formazione di bolle nel midollo osseo giallo può provocare embolia polmonare gRassosa.
f) la formazione di bolle di gas sia endo che extra vascolari è rara e dovuta ad una decompressione rapidissima, comporta una grave dispnea, cianosi, insufficienza cardiorespiratoria, dilatazione acuta del cuore, coma e morte.
g) la rapida risalita di un subacqueo trattenendo il respiro (bastano 5-10 m) o la perdita esplosiva di pressurizzazione di un aereo, una nave spaziale o una tuta aereospaziale provocano un'espansione dell'aria alveolare che lacera il tessuto polmonare ed entra nel circolo refluo con embolia d'aria.
2. Malattia dei palombari. I palombari subiscono delle pressioni più elevate (4-9 atm), per cui sono più frequenti i sintomi da compressione, a questi si aggiungono gli effetti tossici dell'ossigeno e dell'anidride carbonica, oltre all'ebrezza delle grandi profondità da azoto, che prelude alla narcosi con obnubilamento e perdita di coscienza.
Anche i sintomi da decompressione sono più temibili per gravità; frequenti sono i fenomeni da sovradistensione gastro-intestinale e le oto-sinusopatie barotraumatiche. Tipico è il "colpo di ventosa", caratterizzato da suggellazione del volto per improvvisa decompressione dello scafandro.
Anatomia patologica. Grosse bolle gassose si possono rinvenire nelle grandi vene, nel cuore destro o nell'arteria polmonare. Il cuore va aperto in situ e immerso nell'acqua, il gas va pipettato per confermare la presenza di azoto. Le superfici dell'encefalo e del midollo spinale sono congeste e cosparse di emorragie puntiformi, al taglio sono spesso presenti focolai di rammollimento, nel midollo spinale questi sono solitamente nei cordoni posteriori e laterali. Le epifisi omerali e femorali presentano necrosi ossee. Frequenti le emorragie a carico del fegato, milza e reni. I polmoni presentano congestione edema acuto ed emorragie multiple. In caso di lacerazione del polmone, dei bronchi e della pleura sono frequenti l'enfisema mediastinico ed il pneumotorace.