L’Oblio oncologico secondo la legge 193/2023

Pubblicato anche sul trimestrale Rene&Salute APAN Trento
Apan – Associazione Provinciale Amici della Nefrologia (apantrentino.it)

L’entrata in vigore della legge 193 del 7 dicembre 2023, approvata all’unanimità dal Parlamento ed entrata in vigore il 2 gennaio di quest’anno, è stata salutata con enfasi per l’allineamento dell’Italia a Paesi come Francia, Belgio, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Romania e Spagna, ciascuno con le proprie peculiarità, ad un atto di civiltà, definito erroneamente “oblio oncologico”, ma il cui scopo è pienamente descritto nel titolo “Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche”.

Il Regolamento europeo sulla privacy applicabile dal 25/05/2018 (GDPR) contempla all’art. 17 il diritto alla cancellazione («diritto all’oblio»), ovvero “L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali …”, ma questo non riguarda i dati sanitari e ancor meno i dati oncologici.

Le normative vigenti relativa alla conservazione dei documenti sanitari sono essenzialmente tre:

  1. La circolare del Ministero della sanità del 19 dicembre 1986 n. 900;
  2. L’articolo 5 del decreto ministeriale del 18 febbraio 1982;
  3. L’articolo 4 del decreto ministeriale del 14 febbraio 1997.

Secondo tale normativa le cartelle cliniche di ospedali pubblici e privati, i referti di esami, quali i citologici, gli istologici, i radiografici, ecc. devono essere conservati illimitatamente. Se gli spazi non fossero più sufficienti, sarebbe concessa la microfilmatura dei documenti.

Ovviamente, essendo oggi i documenti sanitari nativi digitali o frutto di una digitalizzazione di materiali cartacei (Linee guida per la dematerializzazione della documentazione clinica in diagnostica per immagini – Normativa e prassi), è diventata obbligatoria la conservazione digitale ovvero l’insieme delle attività e dei processi che, tramite l’adozione di regole, procedure e tecnologie, garantiscono l’accessibilità, l’utilizzabilità (leggibilità e intelligibilità), l’autenticità (identificabilità univoca e integrità) e la reperibilità dei documenti e dei fascicoli informatici con i metadati ad essi associati nel medio e nel lungo periodo, in un ambiente tecnologico presumibilmente diverso da quello originario.

Ogni accesso in struttura pubblica o privata determina la produzione di dati personali generati da eventi clinici presenti e trascorsi, che possono essere condivisi tra i professionisti sanitari che lo assistono presso quell’unica struttura sanitaria (ad es. ospedale, casa di cura privata, ecc.) mediante il Dossier Sanitario Elettronico.

Mentre l’impostazione del Regolamento, confermata dal Decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, con riferimento sia alle sei basi giuridiche del trattamento, sia alle dieci condizioni per il trattamento delle categorie particolari di dati personali, prevede la possibilità di trattare i dati relativi alla salute anche senza il consenso dell’interessato, per l’inserimento di dati nel dossier sanitario è necessario acquisire il consenso informato dell’interessato. In particolare, l’inserimento nel dossier di informazioni sottoposte a maggior tutela da parte dell’ordinamento (come, ad esempio, informazioni relative ad atti di violenza sessuale o pedofilia, all’infezione da HIV o all’uso di alcool o di stupefacenti) deve essere espressamente menzionato nell’informativa e sottoposto a un consenso specifico dell’interessato. Con la revoca del consenso il dossier non deve essere ulteriormente implementato, ma le informazioni in esso presenti devono restare disponibili al professionista che le ha redatte e non possono essere cancellate.

Analogamente si comporta il fascicolo sanitario elettronico (FSE), previsto dall’art. 12, del D. Lgs. n. 179/2012 e successivamente disciplinato dal D.P.C.M. n. 178/2015, dall’art. 11 D. Lgs 19.05.2020 n. 34 e dal Decreto del Ministero della Salute 7 settembre 2023.

quale insieme di dati e documenti digitali di tipo sanitario e socio-sanitario generati da eventi clinici, riguardanti l’assistito, riferiti a prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e, a partire dal 19 maggio 2020, anche da strutture sanitarie private.

Il FSE è messo a disposizione dalle regioni e dalle province autonome con finalità di:

  • prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; 
  • studio e ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiologico;
  • programmazione sanitaria, verifica delle qualità delle cure e valutazione dell’assistenza sanitaria.

Pur nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali, non è possibile chiedere la “cancellazione” di dati, ma è possibile chiedere l’oscuramento di particolari eventi, non solo delle informazioni sottoposte a maggior tutela da parte dell’ordinamento (come, ad esempio, informazioni relative ad atti di violenza sessuale o pedofilia, o all’uso di alcool o di stupefacenti, ad aborti volontari o al ricorso di tecniche di fecondazione medicalmente assistita, ecc.) ma qualunque dato sanitario. L’oscuramento deve avvenire con modalità tali da garantire che nessuno degli altri soggetti abilitati all’accesso al FSE possa capire che esistano dati “oscurati”.

La disciplina legislativa sull’HIV (legge 135/90) a sua volta prevede che la comunicazione dei risultati di accertamenti diagnostici diretti o indiretti per l’infezione da HIV possa essere data esclusivamente alla persona cui tali esami sono riferiti. Una volta soddisfatto tale aspetto, il referto sull’HIV può essere reso disponibile all’interessato e dall’interessato, previo consenso informato, tramite il FSE. In Trentino il FSE è conservato presso il Servizio Informatico Ospedaliero (SIO) il cui accesso richiede un accreditamento motivato, solitamente per i medici che hanno in cura l’interessato, ma anche i medici che devono riconoscere particolari prestazioni, come l’invalidità civile o la tessera di esenzione dal ticket per esami e visite inerenti alla patologia. L’esenzione per neoplasia, codice 048, ha durata di 5 anni e può essere rinnovata quando, alla scadenza, permane la necessità di ulteriori controlli diagnostici o specialistici, certificata da una struttura pubblica o accreditata del Servizio Sanitario Nazionale. Oltre il decimo anno l’esenzione viene confermata sulla base della certificazione prodotta dalla struttura oncologica di riferimento che ha in cura il paziente, che può proporre durata illimitata in relazione a criteri clinici riguardanti la specifica patologia, la particolare forma clinica e la risposta alla terapia.

Appurato quindi che la legge 193/2023 non tratta l’oblio oncologico come interpretato dal GDPR, ovvero non consente di chiedere la cancellazione dei dati sanitari relativi alla neoplasia trattata, del codice di esenzione o del verbale di invalidità civile con le relative prerogative derivate, ma finalizzato al “diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire in­formazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica” in alcuni contesti nei quali assume rilievo la valutazione dell’aspettativa di vita residua dell’individuo, quali l’accensione di un mutuo, la stipula di una polizza assicurativa, la procedura di adozione di un minore di età, la partecipazione ad un concorso lavorativo, ecc.

In Italia, come nel resto del mondo occidentale, si assiste ogni anno ad un costante aumento delle diagnosi di tumore maligno parallelamente ad un aumento di efficacia dei trattamenti intrapresi, per cui i soggetti sopravvissuti in remissione completa o “guariti” da oltre 10 anni sono circa 1 milione[1]. Per loro l’aspettativa di vita è praticamente sovrapponibile a quella della popolazione generale.

Perciò la legge è applicabile una volta che siano trascorsi, liberi da malattia, più di 10 anni dal termine del trattamento eradicante, escludendo le eventuali profilassi ormonali. Tale periodo di tempo è ridotto a 5 anni quando la malattia sia insorta (non diagnosticata) prima del compimento dei 21 anni. A seconda dello stadio clinico e del tipo istologico del tumore, sarebbe lecito ipotizzare anche termini inferiori di “guarigione”, quindi l’art. 5, c. 2, demanda ad un successivo decreto del Ministro della salute (avrebbe dovuto essere adottato entro 3 mesi dall’entrata in vigore della legge), il compito di classificare a tale scopo le neoplasie.

Stabiliti quindi i termini di “guarigione”, l’art. 2 ridisegna espressamente l’accesso ai servizi bancari, finanziari e assicurativi stabilendo che, oltre a non essere ammessa la richiesta di informazioni, l’acquisizione di esse da altre fonti o le visite mediche di accertamento relative alle patologie oncologiche, nelle condizioni sopradescritte, nel caso in cui le informazioni siano già state fornite, esse non potranno influenzare i rapporti contrattuali tra le parti (art. 2 c. 5) e dovranno essere cancellate entro trenta giorni dalla ricezione della certificazione di cui all’art. 5, c. 1, della legge in esame.

Anche se non espressamente dichiarato, questo articolo rende nulle le prescrizioni degli artt. 1892 e 1893 c.c. che consentono all’assicuratore di interrompere il contratto e rifiutare il pagamento dell’indennizzo sottoscritto in polizza in caso di reticenze dell’assicurato, quando la non menzione di malattie oncologiche ricade nella fattispecie di legge.

L’art. 2 presenta comunque alcune criticità applicative che la declaratoria dei vari commi, per alcuni aspetti addirittura ripetitiva, non aiuta a dirimere.

In particolare, qualora l’assicuratore o la banca siano a conoscenza dei precedenti oncologici, come viene garantita la loro ininfluenza sull’entità del premio o sul tasso d’interesse? Quando invece è già in essere un contratto, al perfezionarsi delle condizioni della legge 193/2023 il contratto decade? Subisce una nullità parziale? Deve essere integrato o rinegoziato?[2]

Lo stesso diritto di non fornire informazioni in merito alla pregressa patologia oncologica non può estendersi ad eventuali esiti importanti, come una nefrectomia, una neovescica, una lobectomia o addirittura una pneumonectomia e così via. Analogamente, un trattamento immunosoppressorio cronico per scongiurare una GVHD dopo trapianto di midollo osseo conseguente alla cura di una leucemia o di un linfoma rappresenta un’informazione che ricade nella previsione della legge in esame?

L’art. 3 impone invece in maniera esplicita modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozione. Infatti, l’art. 22, c. 3 e 4, affida al Tribunale per i minorenni, in corso di affidamento preadottivo, il compito di svolgere una serie di indagini funzionali a definire l’idoneità della coppia a seguire sotto ogni aspetto l’adottando. Fra queste, le condizioni di salute dei richiedenti possono condurre l’autorità giudiziaria ad escludere la coppia dall’adozione per il timore di recidive e/o di una morte prematura[3].

Per questo dopo il c. 4 viene riportata la formula di escludere notizie su patologie oncologiche pregresse da oltre 10 o 5 anni, a seconda della fattispecie già indicata. Anche in queste circostanze potrebbero valere la perplessità già espresse circa gli esiti dei trattamenti, ma la giurisprudenza ha sempre considerato le disabilità, anche gravi, purché stabilizzate, quali una sclerosi multipla, una paraplegia, la cecità di entrambi i genitori non comportare inidoneità all’adozione[4],[5].

L’art. 4, infine, affronta l’accesso alle procedure concorsuali e selettive, al lavoro e alla formazione professionale, pubbliche e private. Anche in queste circostanze, quando sia contemplato l’accertamento di requisiti psico-fisici o concernenti lo stato di salute dei candidati, è fatto divieto di richiedere informazioni relative allo stato di salute dei candidati medesimi concernenti patologie oncologiche trattate positivamente oltre 10 anni prima, ecc. In questo caso la legge svolge semplicemente una funzione formale di “oblio” nella documentazione concorsuale in quanto nessun paziente oncologico guarito, a prescindere dal tempo intercorso dal trattamento, può essere giudicato inidoneo al lavoro.

Al di fuori di questi tre ambiti la legge 193/2023 non ha valenza, per cui, per fare un esempio, persiste l’esclusione permanente dall’idoneità alla donazione di sangue per i soggetti con storia di neoplasie maligne, neoplasie ematologiche, neoplasie associate a condizioni viremiche, salvo donatori con storia di carcinoma basocellulare o carcinoma in situ della cervice uterina dopo la rimozione della neoplasia (SITM, revisione 14).

Le leggi di alcuni stati europei in merito all’Oblio (Francia, Belgio e Lussemburgo) prendono in considerazione anche patologie non oncologiche come l’epatite C dopo il trattamento eradicante l’HIV in regolare trattamento antiretrovirale. Altri Paesi prendono in esame ambiti di tutela aggiuntivi, rispetto ai tre presi in considerazione dalla legge 193. Tutto questo può portare a censure di incostituzionalità per violazione del principio di eguaglianza, in quanto la norma andrebbe ad istituire irragionevoli disparità di trattamento[6].

Per disposizione transitoria finale il controllo dell’applicazione della norma viene affidato, forse un po’ frettolosamente, al garante della privacy, mentre i due decreti necessari per definire la certificazione e l’individuazione di patologie con termini differenziati, da emanare dopo 60 e 90 giorni dall’entrata in vigore della norma, non hanno ancora visto la luce.

In conclusione, la legge persegue un obiettivo nobile e sacrosanto, ma risulta rindondante quando enuncia i termini di applicazione all’art. 1 e li declina nuovamente, anche se con parole diverse nei tre ambiti contemplati, mentre non approfondisce elementi che costituiranno criticità applicative, né considera altre patologie in grado di sollevare problematiche ed esigenze di tutela analoghe a quelle concernenti i cancer survivors.

Dott. Fabrizio Zappaterra

Medico Legale


[1] Piano oncologico nazionale 2023-2027, Dossier n. 83 del Servizio Studi della Camera dei deputati, seconda e quarta ed. rispettivamente di data 24/05/2023 e 21/06/2023 e Nota breve del Servizio studi del Senato n. 35 di novembre 2023, tutti lavori preparatori dei disegni di legge funzionali all’adozione della legge n. 193/2023. 

[2] Mirko Faccioli: “Il diritto all’oblio oncologico nella l. n. 193/2023: la via italiana alla tutela giuridica dei cancer survivors”, BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, n. 1/2024, www.biodiritto.org.

[3] G. Bonilini, M. Boselli, “L’adozione dei minori di età”, in Trattato di diritto di famiglia, diretto da G. Bonilini, III, La filiazione e l’adozione, 2a ed., Torino, 2022, 535 s. 

[4] C.M. Bianca, “Disabilità e adozione”, in Scritti in memoria di G. Cattaneo, I, Milano, 2002, 209 ss.

[5] N. Cipriani, “Le adozioni”, in A. Cordiano, R. Senigaglia (a cura di), Diritto civile minorile, Napoli, 2022, 335. 

[6] Mirko Faccioli: op. citata, pag. 91.

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