Da quando, il 9 gennaio, le autorità cinesi annunciarono che l’agente eziologico di decine di casi di polmoniti atipiche a Wuhan era un nuovo ceppo di Coronavirus, della stessa famiglia dei responsabili della SARS del 2003 e della MERS del 2012, sembra trascorso moltissimo tempo. Già il 31 gennaio, il giorno dopo le indicazioni di massima dell’OMS per minimizzare il contagio, il Governo italiano ha proclamato lo stato di emergenza per 6 mesi, ma il virus non si conosceva ed era ampiamente sottovalutato: si ricorderà il diverbio fra il prof. Burioni, che invocava misure stringenti e la prof.ssa Gismondi per la quale era «una follia» scambiare «un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale», ripresa dalle trasmissioni TV di F. Fazio e di B. Vespa con un’informazione contraddittoria che ha rallentato l’applicazione delle misure di isolamento.
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Il 21 febbraio 2020 sono emersi i primi casi di Coronavirus nel lodigiano, in Lombardia e poi nel Veneto. Alcuni dei paesi colpiti (Codogno, Castiglione d’Adda e Casalpusterlengo ed altri) sono stati di fatto chiusi dal Governo, creando le rimostranze di forze politiche locali e d’opposizione. La misura non è bastata ed i decreti si sono susseguiti, passando dalla quarantena per i contatti stretti di un soggetto risultato positivo, alla chiusura delle scuole fino alla chiusura di tutte le attività non essenziali ed al blocco di tutti i movimenti di persone se non per particolari esigenze. Nonostante questo, i bollettini giornalieri mettono bene in evidenza la progressione del contagio, ma nell’opinione pubblica ancora oggi sembra desti meraviglia, in quanto inattesa, la dichiarazione della Ministra dell’Istruzione che conferma la chiusura delle scuole fino a quando sarà necessario, ancora c’è chi vuole celebrare la Pasqua con la famiglia allargata, riprendere le partite di calcio entro giugno per finire il campionato, ecc. Sembra sia troppo difficile rendersi conto di cosa sta succedendo, forse perchè le informazioni si susseguono in modo vorticoso, grazie ai media telematici, lasciando ampio spazio di interpretazioni difformi. Ad esempio, l’aggiornamento quotidiano rilasciato alle 17 dal Ministero della Salute :
intende la diffusione dei contagi come differenza fra il “Totale attualmente positivi” di un giorno e quelli del giorno precedente (delta positivi). Di converso, dai “positivi” vengono detratti i “guariti” ed i “deceduti”, rimpiazzati nel numero dei positivi dai ulteriori contagiati di quel giorno che si aggiungono alla differenza calcolata. La curva dei nuovi contagi è abbastanza simile nell’andamento a quella dei delta positivi, ma è superiore di circa 1.500-1.700 al giorno, equivalenti ai guariti ed ai deceduti, per cui il contagio corre molto più veloce di quanto ci dica la differenza dei positivi, anche se entrambe Le curve non aumentano dal 21/03/2020, pur con differenti inclinazioni.
D’altra parte, è evidente che il numero dei nuovi positivi dipende essenzialmente dal numero dei tamponi che vengono effettuati. La Germania ne è un esempio: sono stati individuati 43.646 soggetti contagiati, di cui solo 239 decessi, con l’esecuzione di 500.000 tamponi in una settimana; in Italia risultano 80.539 positivi, di cui 8.165 deceduti, mediante l’esecuzione di 361.000 tamponi in sei settimane. Quindi in Germania vengono identificati molti soggetti più o meno asintomatici, mentre in Italia sono stati testati solo quelli che si recavano al P.S. con sintomi più o meno gravi e pochi altri venuti a contatto con soggetti positivi senza protezione adeguata. I poveri anziani che muoiono al domicilio o nella casa di riposo non vengono neppure sempre testati né sempre calcolati fra i morti “di” coronavirus.
Lo stesso dott. Angelo Borrelli, Capo della Protezione Civile, ha ammesso che il numero dei positivi potrebbe essere dieci volte il numero individuato fino ad ora, mentre altre Autorità dell’Istituto Superiore di Sanità parlano di cinque volte. Molti hanno avuto o hanno la malattia senza rendersene conto: questo potrà essere confermato in futuro da indagini sieroepidemiologiche per valutare la presenza di anticorpi specifici, come auspicato da diversi studiosi ed Autorità politiche.
Tutto questo indica che le probabilità di contrarre l’infezione sono molto elevate e proporzionali ai contatti ravvicinati che abbiamo con terzi e l’unica possibilità per spegnere i focolai è impedire che nuovi soggetti si ammalino bloccando i contatti fra le persone.
Non dobbiamo neppure ritenere che le mascherine proteggano in modo sicuro chi le porta (l’insufficiente disponibilità dei dispositivi di protezione per il personale sanitario è un altro tasto dolente che denuncia l’assoluta impreparazione del nostro Paese).
Le mascherine sono testate per la capacità di bloccare particelle fino a 0,6 μm (micrometri): FFP1 ne filtra almeno l’80%, FFP2 il 94%; FFP3 il 99%. Il coronavirus misura meno di 0,2 μm, non viene perciò bloccato come tale dai filtranti facciali, che sono in grado di trattenere particelle di saliva, aerosol o polvere di trasporto senza pertanto garantire una protezione assoluta, come dimostrato dai continui contagi fra il personale sanitario. Stiamo vedendo ogni giorno le difficoltà incontrate negli ospedali per curare tutti i pazienti afferenti, particolarmente quelli più gravi, bisognosi di assistenza in terapia intensiva con la ventilazione polmonare. Dobbiamo però pensare e renderci conto che tutto questo accade con un numero relativamente “esiguo” di contagiati: se questi ultimi fossero un milione o i 5 milioni che ogni anno sono colpiti dall’influenza, avremmo i morti ad ogni angolo della strada, giovani ed anziani, con una sub paralisi della Sanità.
Proprio per evitare questa ipotesi apocalittica il “sacrificio” di dover rimanere confinati nella propria casa è essenziale per contenere il contagio, anche se non si riuscirà a bloccarlo come fatto in Cina e Corea, occorre diluirne gli effetti, dando il tempo ai primi malati di guarire per lasciare il posto ai successivi.
La Gran Bretagna inizialmente propendeva per raggiungere l’immunità di gregge, poi si è ricreduta cominciando a vederne gli effetti, Israele pensa di blindare in isolamento tutti gli anziani e lasciare che la malattia circoli fra i giovani, ma vediamo in Italia, in Spagna e negli USA (anche Trump non ha voluto prendere provvedimenti finchè non era troppo tardi), quanti giovani muoiono o se la cavano con difficoltà da terapie intensive ben funzionanti, la Svezia non vuole ancora imporre nessuna restrizione forse perché le persone là sono già talmente isolate che un eventuale focolaio si spegnerebbe da solo.
Nonostante la situazione ci possa sembrare quasi intollerabile dobbiamo renderci conto che, fino a quando non sarà messa a punto una terapia specifica o un vaccino efficace, avremo comunque dei focolai di ripresa durante le fasi di allentamento dell’isolamento, a cui l’amministrazione locale dovrà rispondere con la quarantena per tutti i possibili contagiati, mentre i presidi ospedalieri dovranno farsi trovare pronti ad affrontare ulteriori emergenze di ritorno del coronavirus e tutti, sanitari e normali cittadini, dovranno poter accedere ai dispositivi di protezione personale.